domenica, agosto 13, 2006

Il paradosso e il comunismo

Recentemente ho avuto una gradevole conversazione/discussione via mail con due amici designer in cui sono state usate parole dal significato molto importante, che però a mio avviso sono state (e vengono) spesso usate in maniera inconsapevolmente sbagliata. Trascrivo il risultato delle mie ricerche, risparmiando il lavoro ai due pigri in questione.

Paradosso = Paradosso è una parola di origine greca ("para" + "doxa") e significa "contro l'opinione comune". I primi esempi di paradossi risalgono proprio alla civiltà ellenica, ed erano usati in retorica: i paradossi logici (anche se il termine più corretto è antinomie) erano frasi dotate di significato se considerate dal punto di vista esclusivamente linguistico, ma che dal punto di vista logico risultavano contradditorie; per esempio:

[1] Chiunque ha paura di Dracula

[2] Dracula ha paura solo di me



Risultato: io sono Dracula.


Retorica e logica dunque, sillogismi e matematica. Nel parlare comune s'intende paradosso un'idea stravagante, strana; un'assurdità, un'esagerazione, un'eccentricità. Ovvero termini che flirtano con l'arte contemporanea dal '900...


Comunismo = "nel significato antico indica ogni progetto, spesso fantasioso e utopistico, di costruire una nuova società di tipo collettivistico sulla base dell'abolizione della proprietà privata e magari anche della famiglia. Ne sono esempi più famosi il modello di società perfetta proposto nella Repubblica di Platone (IV sec. a.C.), o l'Utopia di Moro (1516) o la Città del Sole di Campanella (1602). Nei suoi aspetti moderni e contemporanei il comunismo designa una dottrina politica, un movimento a carattere internazionale e un sistema di organizzazione dei rapporti economico-sociali, che trovano i presupposti ideologici nel marxismo e il primo esempio storico nell'Unione Sovietica. Nato dal tronco del socialismo ottocentesco e sviluppatosi attraverso Marx e Engels soprattutto con l'apporto di Lenin, Trotskij e Stalin, il comunismo ritiene che il proletariato deve diventare il protagonista della nuova società e che il processo rivoluzionario, in antitesi con i programmi della socialdemocrazia, deve costituire lo strumento di lotta contro l'ordine capitalistico-borghese esistente. L'obiettivo finale si identifica nella società senza classi, che dovrà porre in essere un ordinamento radicalmente diverso nei rapporti di potere all'interno di ogni paese, sulla base della socializzazione dei mezzi produttivi e la distribuzione dei beni prodotti "secondo il bisogno di ciascuno". per arrivare a questo traguardo, finora mai realizzatosi, il comunismo postula una fase intermedia di dittatura del proletariato, in cui ciascun partito comunista detiene il potere, cercando di eliminare gli oppositori (var.d.s) e affrettare il passaggio a un sistema che dovrebbe addirittura fare a meno dello Stato. Storicamente, però, l'esperienza del comunismo (che ha preso il via con l'USSR) è servita da modello anche alla rivoluzione cinese, alle democrazie popolari dell'Europa Orientale (Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria,...) e ai movimenti di liberazione nei paesi del Terzo Mondo, ma ha anche dimostrato -accanto a indubbie conquiste economico-sociali- i risvolti negativi del monopolio politico del partito unico, che impedisce ogni dialettica democratica, portando a degenerazioni tiranniche, come nel caso dello Stalinismo. [...] Il comunismo d'oggi non vuole seguire l'esempio dell'Unione Sovietica, pur riconoscendola come patria del comunismo: sostiene il pluripartitismo e la piena libertà politica anche nell'ipotesi di conquista del potere attraverso le elezioni."

(Dizionario dei Termini Politici, p.35 - a cura di Giampaolo Calchi Novati, A.Mondadori Editore - 1971---> la Mondadori è stata acquistata da Berlusconi solo tra il 1989 e il 1991)



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1 Comments:

At 1:50 PM, Blogger stisaia said...

Il paradosso è una forma di scacco della ragione, di fronte ad esso qualcosa nella nostra testa cortocircuita e una diversa dimensione di senso si apre. Personalmente credo sia ancora un enigma affascinante il fatto che l'uomo, attraverso la ragione, ne riesca a superare i limiti, che lo faccia con pensieri logici (Il più famoso dei paradossi credo sia proprio quello di Zenone su Achille e la tartaruga) o con immagini (i paradossi visivi di Escher). L'altra notte con una amico in giro per Bologna deserta si parlava del paradosso dell'amore. Lui che sta da moltissimi anni con la sua morosa formulava così: dovrei forse provare altre donne per sapere se l'attuale è quella giusta, ma provare altre donne significa rinunciare all'attuale che forse è quella giusta! Lui, molto serenamente, mi diceva che di fronte al paradosso si può scegliere quale realtà accettare e vivere.Vedo in questa scelta il contrario della cecità, perché il paradosso può affascinare, ma non si può abitarlo. In questo caso, viva la ragione!

 

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