giovedì, luglio 27, 2006

Storia delle consolle Made in USA

Ripropongo così com'è questo articolo di mio interesse che riguarda la nascita e la storia dei "videogiochi", quelli che hanno affascinato tutti i bambini che come me hanno vissuto gli anni '80, che hanno giocato a Mario Bros e Bobble Bobble, a "Tarzanino" come ai Blues Brothers su Amiga...sempre ed esclusivamente a casa degli amici, perchè - per quanto mi riguarda - non ho mai posseduto un computer fino all'inizio del nuovo millennio...eh sì, io sono proprio uno di quelli che tanti di quei "giochi" li conosce molto bene pur non avendone mai avuti in casa...forse è per questo che si mantiene vivo in me quel desiderio di saperne di più e, ancora una volta dopo anni, averci ancora a che fare in qualche modo...buona lettura!

La storia delle console americane dal 1972 al 1984
by Daniele Bertocci

Come ormai dal suo inizio, Another World (anche se ora siamo su GameOver) propone sempre informazioni su tutto quello che riguarda il mondo delle console. Non poteva certo mancare una dettagliata e per questo lunga storia di tutte le macchine, nonne, zie e nipoti delle attuali console. Dedicato a tutti gli over 20, con la voglia di ricordare la gioventù, ma anche a tutti i neofiti un po' curiosi, vi presento la prima parte della STORIA DELLE CONSOLE AMERICANE.

Il 27 gennaio 1972 la Magnavox, divisione statunitense della Philips, mise in vendita, Odyssey, la prima macchina che rispondesse ai requisiti di console. Per console, si intende una macchina elettronica, collegabile al televisore, che permette tramite una interfaccia, il pad, di interagire con una immagine prodotta appunto sul Tv. L’Odyssey in realtà era una macchina troppo semplice, utilizzava ancora i transistor, circa 40 che la rendevano costosa e povera tecnicamente. Gli unici giochi possibili erano varianti sul tema Pong, il gioco ideato da Baer, anni prima. Nella scatola erano inclusi: la console, il pad, dei fogli trasparenti, una tabella per segnare i punti ed un mazzo di carte. Tecnicamente Odyssey non era in grado di gestire nemmeno le linee del campo: i fogli trasparenti servivano appunto per questo, mentre erano previste, espansioni, tipo delle cartucce, che però non furono mai messe in commercio. Odyssey, fu un fiasco commerciale: ne furono vendute circa 100.000, a causa del prezzo troppo alto, circa 100$ contro i 20$ del target di utenza, sia per colpa della Magnavox stessa, che mise in commercio il prodotto solo attraverso i suoi negozi, per di più con una pubblicità che mirava a far credere alla gente che il prodotto potesse funzionare solo su Tv della marca olandese. Baer, era molto deluso di come le cose erano andate: era soprattutto adirato con la Magnavox, che secondo lui non aveva intuito la magnitudo dell’affare videogioco. Nel 1975 con un amico, anche lui pioniere nel campo dei Vg, Smith, produce un sistema in grado di interagire con i videoregistratori, passando poi alla Coleco, per lo sviluppo delle sue prime console.

Baer è un genio, deposita circa 150 brevetti tra cui mi pare giusto ricordare il Simon, gioco molto semplice, basato sul gioco "Simon’s said", Simon ordina, molto in voga tra i ragazzi americani. Il portatile aveva 4 luci di differenti colori, la sequenza di questi veniva data casualmente e il giocatore doveva imparala e riprodurla: il gioco, una delle prime console portatili, distribuito dalla MB, diventa così celebre che si parla di circa 35 milioni di unità (cloni compresi) venduti, il più grande successo della Milton Bradley co. Tanto per citare un altro suo brevetto, va ricordato il Laser Combat, quello che vediamo ora (14 anni dopo) in pubblicità sulla fascia pomeridiana.

La morte di Odyssey, non si porta certo via il mercato, la cui svolta avviene grazie ad Atari. Nel 1974 un dipendente, tale Harold Lee, va dal presidente, Nolan Bushnell, con un progetto: riproporre il Pong di Baer, ma con dettami certo molto diversi. Lo sviluppo passa sotto Lee e Brown un giovane ingegnere. Quello che esce è una macchina basata su un unico chip, di gran lunga più economica del Pong Philips, e la console pur contando su un solo gioco era in grado di gestire, campo, punti e su i televisori predisposti, grafica a colori.

Atari si muove bene anche nel campo vendite, la console viene venduta in tutti i grandi store, ed il successo non si fa cero attendere, vengono piazzate circa 150.000 unità nel giro di 3 settimane e all’Atari entrano qualcosa come 40 milioni di dollari di 25 anni fa.... Era venuto il momento di sfruttare la gallina con le uova d’oro, strizzarla fino quasi a farla morirei pochissimi anni escono decine di console, tra cui certamente va ricordata Odyssey 100, versione migliorata della creatura Philips, e le varie versioni del Pong Atari, culminate Ultra Pong Doubles, capace di far giocare 4 persone contemporaneamente (2 per ogni squadra), senza contare la possibilità di avere ben 4 giochi di cui una a bersaglio.

La seconda svolta avviene del 1976, la GI, General Instrument, mette a punto il primo chip degno di tale nome il AY38500, costo 5$ e capacità di gioco molto superiori a quelle del chip Atari, 70 aziende ne ordinano 3 milioni di esemplari: G.I. non sa come evadere gli ordini inizia a spedire acconti pari al 5% ad ogni società, molte non ne ricevono più del 20% totali quando il mercato era ormai saturo, la gallina sembrava morta, ma come sempre accade (oggi la Ferrari è stata squalificata.... capite che giorno è quando scrivo...), c’è il colpo di scena: una società riceve non si sa come tutto l’ordine e anche parte di quei 20% rivenduti sottocosto dalle 60 circa aziende rimaste scottate, la Coleco, azienda del New England, la Connecticut, Leather, Company, ovvero "Azienda pelli del Co.". La società fondata nel 1932 produceva infatti scarpe e borse di pelle, Nel giro di qualche decennio, inizia a produrre piscine per esterni e oggetti ricreativi e sportivi, divenendo leader del mercato. Nel 1968 acquista la Eagle Toys, che produce flipper e giochi elettromeccanici, Coleco riesce a vendere così 1 milione della sua variante Pong, denominata Telstar, 50$ e rete di distribuzione ottima, risultato, Atari trova un degno concorrente. Ormai siamo sempre nel 1976 americano, i pong erano diffusissimi e esistevano in commercio più di 150 versioni differenti, le migliori rimanevano quelle che potevano contare su i chip T.I., come il Ricochet, 70 a passa varianti del gioco.

Il problema era che l’industria non si era diversificata, infatti l’unico gioco, non basato sui bersagli era la conversione di Stunt Cycles dell’Atari (1977). Il problema è che una console dedicata ad un singolo gioco è costosa da produrre e poco vendibile, è impensabile che un ragazzo medio possa permettersi di comprare più di 2 console, visto anche i prezzi relativamente alti. Nell’ agosto del 1976, una ditta specializzata in cineprese e macchine fotografiche, la Fairchild Camera & ins.Mise in commercio una console talmente rivoluzionaria che cambia per sempre il mercato videoludico mondiale. Il suo nome era VES, acronimo di Video Entertaintment System, al prezzo di 170$. Il cuore del prodotto era il rivoluzionario chip sviluppato da Noyce, l’F8, dalle potenzialità incredibili. Il VES aveva due punti a suo favore notevoli, era un sistema aperto, in grado di leggere ciò delle Rom (termine per ora improprio) contenenti altri giochi, ed era in modo molto intelligente, programmabile nei parametri base dall’utente. Questa innovazione si può considerare come la prima rivoluzione nel pensiero del videogioco, l’ultima sarà quella Sony che vede nel SUO videogame un prodotto più maturo che terminerà con 40 milioni di Play installate. Il problema, almeno per la Fairchild è che Atari intuisce meglio di lei le potenzialità del sistema. Lo stesso Bushnell, sul finire del 1976 aveva dato il là ad un progetto molto avveniristico, il Game Brain, ovvero una set top box, aperto in grado di leggere speciali cartucce contenenti oltre che la Rom anche parte della circuitistica. Il progetto poi sospeso a causa dell’uscita del VES, è l’antesignano del progetto Stella, ovvero la prima console di molti di noi: il Video Computer System.

Procediamo con ordine, il mercato dei videogiochi, sul finire del 1976, non era più roba da pionieri, ma era diventato un buon investimento, e necessitava di strutture adeguate. Lo stesso Bushnell, cedette per vendere l’Atari alla Warner Comunication, inc, IL gigante dell’entertaimnet americano. Il costo finanziario non è notevole, "solo" 28 milioni di dollari, in quanto Bushnell mantiene la carica di presidente e Keegan quella di supervisore. L’iniezione di capitali da parte della Warner (c’è chi parla di 100 milioni dollari) permette lo sviluppo del VCS, e credetemi, poche mosse come questa hanno reso così tanto! Il nome che Atari scelse per la sua nuova macchina era ambivalente, da un lato si accostava molto a quello del VES, dal altro, il termine "computer" tendeva a nobilitare non poco un prodotto nato esclusivamente per applicazioni ludiche.

Non a caso nel 1977, la Fairchild, cambiò il nome del VES, facendolo diventare Channel F. Nell’ottobre del 1977, il VCS raggiunse gli scaffali dei negozi e megastore. Il prezzo fissato da Atari, era di 249,95$, davvero molto, circa il doppio di tutte le altre console non programmabili. Il cuore del sistema era il processore a 8 bit della Motorola 6507, con clock fissato a 1.19MHz. La macchina era stata sviluppata a partire dal 1975.Il progetto era capitanato da Mayer, Miner e Milner, ( è bene ricordare il nome di Miner come quello del padre dell’Amiga!), infatti lo stesso Miner si occupava dello sviluppo del processore centrale, mentre Mayer realizzava le prime applicazioni e Milner curava lo sviluppo dell’hardware. La mossa che però fece crescere non di poco il livello della console fu l’arrivo, l’anno seguente di Lee. I quattro si alternano tra lo sviluppo di Tank e Video Olympics, la definizione della forma della macchina e la riduzione dei vari bug presenti. Notizia che riprenderò più tardi, nel gruppo si inserisce anche Strohl col compito di ottimizzare il risultato sui televisori Pal del vecchio continente. La prima pubblicità che accompagnò il prodotto fu: "More fun to play!", poi molto ben aggiornata col famoso "Don’t just wacht Tv, Play Tv", che accompagnò gli utenti per tutto il 1979. Il lancio della console viene supportato da Atari stessa con 9 cartucce ognuna al prezzo di 39$, una cifra che riportata al prezzo attuale dei Cd è molto elevata. Il titolo più significativo è Combat, clone di Tank, per la prima volta dava al fruitore l’illusione di trovarsi di fronte ad un gioco immenso e infinito. I parametri personalizzabili erano davvero moltissimi e anche se il gioco cambiava solo marginalmente e molte volte in modo ininfluente sul gameplay, la sensazione era quella di poter modificare IN TOTO il gioco stesso. Per utenti abituati ai giochi Pong clone, era una svolta notevolissima. Inoltre un’altra feature non da poco fu l’introduzione dell’handicap, per la prima volta si poteva agire da casa su particolari opzioni che permettevano di giocare in modo equilibrato tra due persone con capacità molto diverse, era cioè possibili regolare la potenza di fuoco di un giocatore, in modo da colmare una sua eventuale inferiorità. Altra nota davvero importante, come cita anche il Bittanti nel suo libro "L’innovazione Tecnoludica", l’inserimento di titoli didattici, come il Basic Math. Torniamo per una attimo a riconsiderare i motivi "veri" che hanno portato al successo del VCS: per prima cosa i controller, erano veri e propri joystick, con tanto di leva autocentrante a 8 posizioni, oltretutto collegati alla macchina da un filo: questo permetteva di stare comodamente seduti a distanza dal Tv e permetteva inoltre una rapida sostituzione nel caso di rottura. Nell’hardware Atari per la prima volta si parla di Rom e Ram. Tutti i computer di oggi, compresi i vostri ( il mio è un misero 200MHz!) hanno una Rom (Read only memory – memoria di sola lettura) ed una Ram (random access memory – memoria ad accesso "casuale", ovvero voluto.).Tutte le istruzioni utili ad avviare il computer sono gestite dalla Rom, in altre parole quando si accende l’hardware preleva informazioni preliminari da questo tipo di memoria. Successivamente tutti i dati di maggior utilizzo vengono spostati nella Ram, e però una volta spenta l’unità perde irreversibilmente tutti i dati. Le prime console non programmabili avevano solo la Rom, e quindi i giochi risiedevano completamente lì. L’Atari VCS aveva invece ben 2024 di Rom con accesso fino a 4048 (ovvero cartucce con 4 kbyte di gioco contro i due normali) e una memoria Ram da 2kbyte che permetteva (in realtà questa feature fu usata solo più tardi) di fare giochi molto grandi fino ad 8kbyte e caricarli un "pezzo" da 2kbyte alla volta senza che il giocatore si rendesse conto di nulla. Altra grande carta giocata da Atari fu l’introduzione dell’antesignano del saver-screen. I Tv usano sostanze fluorescenti per garantire il fenomeno della persistenza delle immagini, i primi Pong, potevano sciupare il Tv facendo rimanere degli aloni visibili anche a Tv spento, l’importanza di questa introduzione fu che i genitori permettevano ai figli di giocare tranquillamente. Atari con VCS diventa leader incontrastata nel mondo delle console. Nel giro di pochissimo tempo Atari riesce a piazzare quasi 370.000 console, praticamente distrugge la debole concorrenza portata anche da RCA, il gigante americano delle telecomunicazioni, che con Studio II, al prezzo di 149$, riteneva possibile avere buoni margini di vendita. Il vero problema della console era l’assenza di colori: un gap tecnologico, che come vedremo sarà sempre e comunque indice di fallimento. A metà del 1978 Coleco introduce il Roger 6046, o anche New Telstar, al prezzo di 50 miseri dollari. La console veniva fornita di pistola a raggi IR per giochi tipo bersaglio: ma la non programmabilità la condannarono in brevissimo tempo. Con Atari VCS, il videogioco diventa un bene famigliare, ed Atari diviene sinonimo di gioco, o termine per ora improprio Console. In questo momento che per la ditta fondata da Bushnell è il Top, Atari è leader nel mercato delle Console, dei Coin Op e dei computer domestici, avendo introdotto anche la serie 400 e 800 dei suoi personal computer. La vecchia "gallina" ha però i giorni contati: il primo motivo è che il mercato era saturo: immaginiamo che oggi, dopo l’uscita della Play, Sega e Nintendo avessero continuato a supportare le vecchie macchine, prima o poi, almeno a livello hardware il mercato si sarebbe saturato. Infatti, sul finire del 1977, Fairchild e RCA, chiudono la loro breve parentesi ludica e Coleco, chiude l’anno fiscale in perdita di 30 MILIONI di dollari (e vedrete che non era ancora nulla...). Come ricorda anche il buon vecchio Bittanti, è sempre bene localizzare temporalmente i fatti ( lo diceva anche la prof. di italiano...), era appena scoppiata la "Fever of Saturday night", e i giovani erano parecchio agitati: la dance, Bee Gees, le droghe, erano momenti molto intensi, le prime discoteche, molto probabilmente quell’idea, oggi tanto in voga di Videogioco = Disadattamento = Mancanza di Ragazze = Fallito (mamma mia!) prese piede proprio in quegl’anni. Chi non si uniformava al trend proposto era Nerd e come tale bollato. Beh torniamo a noi. Tra le case che non si danno per vinte, c’è la Magnavox, ergo Philips, che decide di lanciare sul mercato Odyssey 2, ovvero la terza generazione di console: processore 8048 4 bit della Intel. Il vero problema era proprio il cuore centrale, in breve 4 bit divennero tragicamente pochi. Sullo chassis era montata una tastiera, dall’uso molto limitato, fino all’introduzione di "software of edutaintment", era usata per far avviare i giochi, si digitava il nome e il gioco si avviava. In linea di principio l’edutaintment, contrazione di Entertaintment e education, era una buona leva su cui spostare l’attenzione dei genitori, il fatto che il figlio, principale fruitore dell’apparecchio potesse divertirsi ma anche e soprattutto imparare era cosa non da poco. Contemporaneamente fu lanciata dalla Bally, il Bally professional system. La Bally è ben nota (ancora) a tutti gli amanti dei flipper: già negli anni sessanta produceva flipper elettromeccanici di notevole qualità. Oggi è il marchio di punta della Hasbro nella produzione di flipper elettronici. Il concetto di base era quello (ripreso poi da SNK per il Neo Geo) di mettere in commercio una macchina con le solite specifiche dei cabinati da Bar: si optò per lo Z80A, evoluzione del 8008 Intel, primo processore ad 8 bit della storia. Come ripeto l’idea era teoricamente ottima, ma Bally fece uno dei pochi errori che la gente non dimentica, quasi il 60 % delle macchine prodotte era difettosa e la casa madre gestì l’emergenza malissimo. Una volta ripresasi, mise in vendita la macchina con una politica di marketing degna forse soltanto dell’Atari ormai in crisi (o di Sega fino a poco tempo fa...), la console era venduta negli stessi negozi che vendevano pure VCS, senza considerare che questo costava circa la metà. Il software anche in questo caso beneficiava di prodotti volti a rassicurare le famiglie e un buon compilatore Basic, il Bally BASIC appunto. La console a dispetto di tutto reggeva anche se la casa madre non la supportava sul piano software e nel consiglio di amministrazione erano molti quelli che volevano chiudere tutto e produrre Slot machine. Nel 1981 il Bally fu rilevato da Astrovision che cambiò il nome in Astrocade. Bally continua a supportare il prodotto ma i giochi migliori circolano sotto forma di listati Basic che venivano proposti sulla Newsletter (per posta convenzionale, internet ha da veni’...) The Arcadian. La vera natura del business dei videogiochi, venne fuori dopo il Natale del 1979: Bushnell credeva che il VCS fosse un prodotto stagionale, vendibile esclusivamente sotto le feste, per questo si muove nelle direzione di fare una campagna promozionale senza precedenti: tempesta di pubblicità tutte e reti, con lo slogan "Nobody has As many Cartridges", e lancia per tutto il 1979 ed il 1980, una cartuccia al mese. Tra queste Space Invaders e Adventure. Grazie al primo, che viene ritenuto da molto la vera Killer app. del VCS, Atari incassa qualcosa come 100.000.000 di dollari. Sul finire del 1980 Atari aveva circa il 60% del mercato con una base installata di console pari ai 2/3 del totale. L’altro (forse per ora il migliore) concorrente , la Magnavox, non sta a guardare: introduce circa 50 nuovi titoli, tutti programmati dal solito Averett, che tra l’altro fa un bellissimo clone di Pac-Man, K.C. Munchkin!, che sarà il gioco più venduto per questa piattaforma ma anche la causa della fine del sistema Philips.

Le strategie messe in atto da Atari per limitare il più possibile l’offensiva di Odyssey 2, furono 3: l’introduzione di una tastiera da collegare alla presa joy, da essere utilizzata insieme a specifici programmi basati sull’ edutaintment, l’accrescimento di conversioni di suoi coin-op, quali Breakout, e Spacewar, e infine l’introduzione di un titolo sviluppato da Miller: BasketBall, il primo gioco che proponesse una prospettiva isometrica del campo, un successo dalle dimensioni davvero notevoli. Probabilmente, i più attenti o i più informati si staranno chiedendo di Mattel, creatrice di una macchina davvero notevole. Mattel nasce nel 1946 per volere dei Handler, in California, come casa costruttrice di bambole. La svolta si ebbe nel 1955, quando i coniugi, inventarono la pubblicità rivolta ai più piccoli, comprendo uno spazio all’interno dello show di Topolino. Unito a questo un anno da ricordare è il 1957, quando fu lanciata Barbie. Torniamo alle console, nel 1976, Chang il responsabile dei settore Sviluppo, propone tramite la consulenza della APH, una console basata sul processore CP1610, a 16 bit della G.I. Avete capito bene il processore era un 16bit, ma anche straordinariamente lento, meno di 1MHz; Mattel era però in quegli anni intenta a diventare leader del settore dei portatili, e rimandò l’entrata sul mercato della sua creatura. Nel 1979, Mattel introduce Intelligent Television Master Component, conosciuto col nome di Intellivision o Inty. Il prezzo di vendita era superiore a quello del VCS (250$ contro 160$), ma l’intera fornitura di 165.000 pezzi va letteralmente a ruba. La grafica era davvero bella, soprattutto nei giochi sportivi, come lo sci, o in quelli di strategia, Inty era imbattibile, 2 livelli di parallasse, 16 colori su una palette di 128 e tre canali audio lo rendevano (fino all’uscita di Colecovision) lo stato dell’arte dei videogiochi. Le innovazioni non finivano certo qui: la macchina era dotata di 2 Joypad, aventi oltre al poco funzionale (diciamolo era proprio scomodo e doloroso, ma quanto tempo è passato prima che qualcuno si sia lamentato, rima non voluta...), disco direzionale, un tastierino numerico e due tasti laterali presenti sia a sinistra che a destra, in modo da poter essere usato sia dai mancini che dai destri. Lo chassis era notevole, la prima versione aveva le rifiniture in legno e oro ed era circa 2 volte più grande e più pesa della Play (forse anche 4 o 5 volte più pesa...) Mattel punta tutto su un tipo di strategia che pochi hanno ritenuta vincente: dare un immagine di una console adatta ad un videogiocatore più adulto, la solita tattica della Sony.... toh! Compra le licenze (EA, a da venì...) dei maggiori campionati come NBA, NFL, NLB, e ci crea giochi attorno, sfruttando i suoi 16bit. Inoltre fa una campagna pubblicitaria notevole, usando come testimonial Plimpton, celebre per i suoi libri sullo sport, e facendo una spietata campagna di pubblicità comparativa (non permessa in Italia) per mettere in risalto le maggiori qualità del suo sistema sul VCS, Atari. Le Killer app. scelte furono due: MLB, noto come il primo gioco che usava la sintesi vocale, diceva (Yer out!) quando un battitore veniva eliminati, e aveva la possibilità di controllare tutti e 9 i giocatori usando il tastierino numerico. L’altra Killer app. fu Armor Battle, clone di Combat. A differenza del clone Atari (Tank) era straordinariamente più definito e molto più complesso.

Mattel, aveva capito 20 anni prima ciò che ha permesso a Sony di diventare dal nulla leader del mercato consolle, dare l’impressione di avere tra le mani un prodotto per adulti, in modo che l’adolescente o il 20enne ormai cresciuto con i videogiochi, lo possano utilizzare senza vergogna e senza i preconcetti di prima. Mattel sperimenta pure la distribuzione via cavo dei giochi, ma fallendo a causa delle limitazioni tecniche di allora. L’unica casa ad riuscirci fu Atari, con lo standard Spectravision, una speciale macchina messa negli Hotel, dove i fruitori potevano, dopo aver abilitato pagando, giocare col sistema (i giochi venivano scelti tramite una manopola). (in realtà lo Spectravision è diventato famoso perchè la rete via cavo veniva (o divenne...) la migliore nella distribuzione di film Hard..... mah!). Insieme all’etichetta dei titoli sportivi, Mattel introduce Strategy Network, una collana di titoli, cloni dei più famosi giochi da tavolo di quegli anni. Tra i tanti spicca Utopia, gioco scritto da Daglow, Tran, Lieblich, che sfruttando i miseri 4K a disposizione del sistema crearono il primo gioco di simulazione per console. Bisognava stare nell’isola di Utopia, e gestire in tempo reale tutte le attività, come costruire, coltivare, accrescere le scienze, e di tanto in tanto si veniva ostacolati da agenti esterni quali, pirati, inondazioni ecc. Anche se la cosa non vi sta scombussolando più di tanto, bisogna capire che una cosa del genere non si era mai vista: per la prima volta l’intelligenza era la fonte principale per usufruire del gioco. La cassetta vendette una cosa come 250.000 titoli (e non era per VCS...) e oggi Utopia è uno dei giochi On line più seguiti al mondo.

Seguendo ancora una volta la linea narrativa già tracciata dai miei predecessori, è arrivato il momento di riparlare di Atari, descrivendovi come e perchè questa ditta sia miseramente fallita. Nei primi mesi del 1978 i rapporti tra i padroni (leggi Warner) e il capo (leggi ancora Bushnell) si erano ampiamente logorati. Bushnell era un mito(almeno per me) non aveva orari precisi e odiava tutti i cliché imposti, si vestiva con calzoncini e passava 5 ore a giocare a ping pong nel suo studio, ma passava anche 15 ore con i suoi dipendenti, quando la richiesta di videogiochi era elevata, sotto Natale, era facile vederlo a lavorare nella catena di montaggio accanto agli operai. Tra le idee di Bushnell ve n’era una formidabile, la Game Room, una stanza dove venivano installati tutti i prodotti di Atari e dove lavoratori e familiari potevano tranquillamente accedere, era come fare un sondaggio inconscio e capire quali e quanti prodotti sarebbero stati un sicuro successo. Warner, decise sul finire del 1978 di licenziare il fondatore e mettere al suo posto Kassar. Nolan si impegnava a non lavorare per nessuno e tantomeno in proprio per i seguenti 5 anni. Kassar, era invece un pacco (per me!), uno che si presenta in doppiopetto grigio, un tipo per cui la vita è fatta solo di numeri: Kassar, introdusse orari non più flessibili, una divisa per i lavoratori, chiuse praticamente la Game Room, e commise uno dei più grossi errori di marketing mai fatti da una ditta (see e la Classe A dove la mettete....), decise che NESSUN programmatore potesse inserire il proprio nome tra i titoli del gioco, come dire io sto qui per 3 mesi a scrivere questo articolo e poi non lo posso firmare... Le conseguenze furono da giorno dantesco: ci fu una EMORRAGIA di programmatori da Atari e si assistette alla nascita delle Soft house, ovvero case che sviluppavano software per conto proprio: Atari aveva perso la leadership nel settore soft e cosa ancora peggiore, aveva innestato il processo degenerativo che porterà la casa al fallimento. Inoltre cosa magari marginale la decisione di Kassar, da il là alla pratica degli Easter Eggs, o uova di Pasqua, cioè routine nascoste che se individuate portano all’apparizione del nome del produttore... Il primo fu Robinett in Adventure, infatti un giovane di Denver, che scoprì una locazione segreta che portava ad una stanza con impresso il nome di Robinett, incredibilmente la cosa piacque anche a Kassar che la vedeva come una cosa in più da offrire al giocatore. Oggi gli eggs sono moltissimi, da quelli Disney, (il prete eccitato, i seni, le scritte sex nei cartoons) a quelli presenti nei prodotti Microsoft, tipo il pinball di Word 8. (ma dico possibile sprecare così lo spazio dell’hard disk? Mah!) Quello che Kassar non capì, è che questo non era altro che un modo per esprimere tutto il disappunto del creatore. Nacque così la prima software house, ACTIVISION. - Un grazie a due "cari" amici: Simone "DIDIMO" Bregni e Matteo Bittanti, che grazie alla sua opera "L' innovazione tecnoludica" ha contribuito notevolmente alla stesura di questo brano

Speciale estrapolato da Another World

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