lunedì, ottobre 30, 2006

Come respirava Itten

Itten, occulto e moderno
di Antonio Castronuovo


In una cartella dei maestri del Bauhaus, che risale al 1921, si conserva una singolare litografia a colori. Su un cartoncino grigio chiaro sono tracciati a penna, con segno limpido, il contorno di un cuore che poggia su un biglietto rettangolare. Dentro queste superfici si dipana, con caratteri e colori di forte contrasto, una scritta. A tutta prima sembra anch’essa far parte del disegno, un esperimento per fare di vocali e consonanti meri elementi di un arabesco cromatico. Se però l’attenzione s’affila, ne emerge una frase in cui primeggiano le parole Herzen e Liebe: cuore, amore. Dalla frase affiora un senso compiuto: «Salve ai cuori che illuminati dalla luce dell’amore non vengono tratti in inganno né dalla speranza del paradiso né dalla paura dell’inferno». Anche nel Bauhaus, cuore eccellente del Moderno, circolavano dunque messaggi religiosi. La cartella appartiene al professor Johannes Itten: era lui che invitava a superare l’inganno alimentato dal Cristianesimo dei premi o delle condanne postume, e farlo mediante una luce che, se non altro, sembra gettare tra le geometrie esatte un’ombra di esoterismo.
Il secondo dopoguerra ha avuto non poche difficoltà con questi personaggi. Si poneva infatti un problema di convenienza: come reintegrare le avanguardie della prima metà del secolo se non sfrondandone ogni occultismo? Non era possibile riabilitare agli occhi dell’Europa le vittime della repressione nazista o stalinista e svelarne al contempo un lato oscuro; non sembrava conforme alla rinascita civile manifestare anche la propria radice esoterica. Quel lato oscuro fu messo, se possibile, ancor più in ombra, e sparì. Senza però far sparire la verità: che il movimento del Moderno si era sviluppato anche da linfe irrazionali. Toccò a Itten – e a quel che la sua figura aveva rappresentato – dileguarsi nell’anonimato di una funzione impiegatizia.

Svizzero, nato nell’Oberland bernese nel 1888, scappa a vent’anni a Ginevra perché ha deciso di fare il pittore a tempo pieno. Erano ancora tempi in cui si prendevano decisioni appassionate senza pensare alle conseguenze. Giunge a Vienna che è appena scoppiata la Grande Guerra, si trova attratto nel vortice della teosofia e prende a frequentare il salotto di Alma Mahler, dove si compie il suo destino: Alma – donna fatale che ha consumato più di un matrimonio – è infatti in quegli anni moglie di Walter Gropius. È lui a misurare il genio del giovane e, quando nel 1919 è chiamato a dirigere il Bauhaus di Weimar, a invitarlo in qualità d’insegnante. Itten vi si trasferisce l’anno dopo, quando gli viene affidata la direzione del corso propedeutico.
Assume l’incarico con l’idea di dover formare l’allievo, non di dover semplicemente impartire nozioni per fargli conseguire una preparazione tecnica adeguata a praticare le diverse officine dell’istituto. L’obiettivo di Itten fu quello di configurare personalità complete, sviluppare le capacità creative senza pensare ai fini pratici. Alla base di questo programma di formazione stava un amalgama di pedagogia, estetica e teosofia. Da tempo Itten s’era avvicinato alla singolare branca teosofica del Mazdaznan. Nell’estate del 1921 ne introdusse le idee al Bauhaus: vi aderì una piccola comunità di studenti, per i quali la mensa cominciò a sfornare cibi vegetariani.
La dottrina di Mazdaznan, termine che sta per “pensiero giusto che domina nel modo migliore”, era stata concepita dal polacco Otoman Zar-Adusht Hanish a fine Ottocento; dottrina eclettica in cui confluivano mitologie orientali e che mirava a uno stile di vita salutista fondato su vegetarianesimo e movimento controllato. Veniva così predisposto un regno terreno su cui l’anima – che aspira per sua natura alla salvezza – poteva tentare di affrancarsi da desideri e passioni mediante una disciplina svincolata da ogni fede. Vi giocava un ruolo anche la teoria dei contrasti e delle polarità: secondo il Mazdaznan l’intera universo si basa sulla dualità, l’opposizione, la differenza; ovvio che si dia una religione originaria dell’uomo che contrappone due creature, quella del bene e quella del male.

Le giornate del piccolo gruppo sono scandite da momenti d’incontro, meditazione ed esercizi di respirazione ritmica. Gli affiliati sono ben riconoscibili perché indossano un grembiule che lo stesso Itten ha disegnato: color rosso vino, con un collettone nero, polsini stretti e cintura in vita. Portano capelli molto corti, se non proprio rasati a zero. Itten si aggira tra gli spazi del Bauhaus con aura fiabesca; parla sottovoce, e a lui bisogna accostarsi bisbigliando; si rivolge agli studenti in modo lieve e naturale. Apre le lezioni con esercizi di ginnastica, utili a rilassare il corpo e a condurre l’allievo a una condizione di armonia che lo dispone agli studi sul ritmo. Per migliorare l’armonia sono necessari esercizi d’integrazione delle due mani, come per i pianisti. Itten sosta davanti a un cavalletto che sorregge un ampio foglio di carta da disegno, stringe nelle mani dei carboncini, si carica di energia arcuando il corpo e poi scatta a tracciare sul foglio, con entrambe le mani, linee arabescate. Gli allievi devono poi ripetere il gesto, con un identico slancio: nulla della tradizionale formula pedagogica delle accademie d’arte, dove dominavano le discipline del ritratto, del nudo, dell’anatomia.

Tutto è movimento, secondo Itten, e la storia dell’arte è un eterno fluire. Ad un certo punto appare nei suoi disegni la spirale, simbolo del movimento perpetuo, e dalla spirale, come elemento preparatorio, prende forma la sua Torre di fuoco, una delle sue più singolari realizzazioni artistiche del Novecento, oggi scomparsa.
L’ossatura della torre, altra tre metri e mezzo, era costituita da dodici cubi sovrapposti, di dimensione progressivamente minore e ruotati secondo un angolo costante. Sulle facce libere dei cubi erano applicati obliqui ventagli di vetro colorato: l’insieme acquisiva un senso di slancio a spirale verso l’alto, come se una scomposizione prismatica dei colori fosse raccolta in un fuso verticale.

Un sapere sacro sorreggeva la propedeutica del Bauhaus, vivaio di scabra laicità. Non poteva durare. Nel 1922 Itten chiese a Gropius di prendere una posizione netta tra la sua formula pedagogica, basata sul rifiuto della società e una lotta condotta mediante i mezzi dell’arte, e quell’intesa con la sfera dell’industria che cominciava a circolare nelle aule dell’istituto. L’indirizzo di Gropius fu chiaro: accogliere il design industriale, l’arte applicata, la nuova oggettività: la rottura tra i due fu inevitabile. Con Itten, erano recise dal Bauhaus le radici occulte del moderno, la tensione implicita nel Novecento a perseguire tragitti di autosalvezza, a interpretare il mondo secondo una formula d’arte. Nessuno, come lui, era riuscito a compendiare nella propria persona avanguardia formale, passione universalista, impulso teosofico. E per donare la sintesi di questi elementi perseguì una trasformazione del pensare e sentire che rischiò di trasformare il Bauhaus in un cenobio vegetariano. Nel 1923 abbandonò l’istituto e il suo posto fu affidato a Moholy-Nagy. Si chiudeva la fase romantica e utopistica del Bauhaus.
Se ne andò a Berlino, dove fondò una propria scuola d’arte. Nel 1934 finì nel calderone degli eccentrici, quelli che i nazisti, possibilmente, intesero cancellare dalla faccia della terra: gli chiusero la scuola berlinese e pochi anni dopo, nel 1937, alcuni suoi quadri finirono esposti, a Monaco, nella mostra dell’Arte Degenerata, aggettivo ben adatto a indicare oggi quel che ruminava nelle viscere di chi l’aveva inventato. Emigrò in Olanda e passò poi in Svizzera, dove a Zurigo diresse la Scuola di Arti Applicate. Nel 1967 s’è compiuta per lui l’armonia del Mazdaznan.


Antonio Castronuovo - Parola all’artista - EnnErre. Milano, 2005. pp. 11–16


Ringarzio per la segnalazione il Prof. Claudio Marra


Approfondimenti sulle tecniche di respirazione:
Respirazione (tuttoyoga.com)
Meditazione (tuttoyoga.com)
L'arte cinese del respiro
Hap Ki Do - Metodi di respirazione

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1 Comments:

At 2:48 PM, Anonymous Anonimo said...

ehi bell'articolo al momento sono a casa a studiare storia della grafica e qst mi è stato molto utile!!!!
ciao ciao!!

 

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